Fabbrica 4.0

DISCONTINUITA’ E CORAGGIO PER RIPROGETTARE IL VENETO CITTÀ INTELLIGENTE

By 16 Settembre 2012 No Comments

16 settembre 2012

La crisi ci obbliga a fare le scelte che avremmo dovuto fare da tempo. Occorre comprendere la discontinuità che sta avvenendo in tutto, in primis negli stili di vita di ciascuno di noi, tradurla in un nuovo modo di fare impresa. Nuovi assetti organizzativi, nuove strategie di vendita, nuovi vantaggi competitivi se li sappiamo cogliere… Così come noi ripensiamo le nostre imprese, così le istituzioni, la cosa pubblica, il governo locale ripensano l’organizzazione del territorio e le funzioni. Ma in questo dibattito figlio della spending review governativa, prevale, al solito il becero campanilismo e localismo che porta a turno i diversi attori a difendere il proprio orticello. Dobbiamo ammettere che questo atteggiamento non è solo figlio della politica (troppo debole al momento), ma di grandi e piccoli corporativismi che ognuno di noi, poco o tanto, rappresenta: comprese le famose categorie economiche, le CCIIA, per non dire di sindacati, associazionismo e via discorrendo. Il vero tema del contendere in Veneto, come per fare l’Europa, è “accettare la cessione di sovranità”, in cambio di un “futuro insieme migliore”. Jovanotti, il cantante, direbbe “cosa sei disposto a perdere…”. Sono anche convinto che purtroppo certe fusioni territoriali e decisioni forti avverranno solo se imposte dall’alto, da un livello superiore, sennò queste non si realizzeranno. Eppure a tavolino, tutti comprendiamo molto bene come questo ci indebolisca, perché non saremo decisori del nostro futuro, ma finiremo per subirlo. Allora proviamo a lanciare, in nome della positività un paio di idee, tra le tante che stanno animando questo dibattito suscitato dalle pagine del CorVeneto. Uno. Se si considera che gestione del territorio e dell’ambiente, infrastrutture di trasporto, istruzione e formazione sono tra le grandi priorità dell’agenda politica europea per la crescita denominata “Europa 2020”, è più facile comprendere come attorno alla partita istituzionale del riordino delle provincie si gioca in realtà una partita ben più importante per il nostro futuro. Va quindi colta l’occasione per superare vecchi schemi e scomporre e ricomporre il sistema Veneto per omogeneità geografica, storico-culturale e socio-economica. Giudico quindi valida l’idea di una provincia montana veneta, che comprenda il bellunese e la parte montana di Verona, Treviso e Vicenza; una provincia del Basso Veneto, che comprenda le aree omogene del polesine, il sistema delle “basse” (bassa padovana, basso veronese, basso vicentino) e si estenda fino a Chioggia; una provincia del Centro Veneto che includa i capoluoghi di Padova, Vicenza e Treviso e coinvolga l’asse della Pedemontana; infine, due grandi poli metropolitani: Venezia-Mestre e la grande Verona, dotati di infrastrutture strategiche per i trasporti e la logistica uniche in Veneto. Che senso può mai avere una pianificazione territoriale provinciale o dei trasporti pubblici locali che comprenda, in una ipotetica provincia che inglobi Padova e Rovigo, comuni come Cittadella e comuni come Porto Viro? Oppure, in una ipotetica fusione tra Belluno e Treviso, il Cadore e la città di Treviso? Sarebbe una pianificazione in grado di garantire servizi di qualità ai cittadini e quell’efficienza nella gestione ed erogazione dei servizi pubblici oggi necessaria per evitare sprechi di denaro pubblico? Due. Un moderno e competitivo territorio va costruito sui nodi della rete, una rete di dimensione europea. Se non acceleriamo la modernizzazione e innovazione delle infrastrutture materiali ed immateriali (banda larga?) saremo fuori gioco definitivamente, rispetto alle aree emergenti del mondo, ma prima ancora rispetto al centro e nord Europa. Le aree urbane identificate a livello europeo sono tutte molto più a nord di noi, idem per i vecchi corridoi di scorrimento di merci e persone. Noi non abbiamo fatto passi significativi in avanti negli ultimi dieci anni nè sui corridoi, né sugli hub, dove si concentrano le funzioni. Perché? Sempre perché non sappiamo cedere sovranità e pianificare il futuro. Chi sta discutendo oggi in Veneto di PRS (piano Regionale di Sviluppo), se non una ristretta cerchia di esperti e funzionari e non dimentichiamoci che il tutto va consegnato entro il 30 marzo 2013 a Bruxelles, pena essere tagliati fuori dalle call europee 2014-2020 !!! Un pezzo di tutto questo si chiama agenda digitale. Noi di Confindustria l’abbiamo chiesta a gran voce e finalmente il Veneto in agosto ha varato un primo tavolo di lavoro che sta muovendo i primi passi. Ma i tempi, i famosi tempi della politica, non tengono il passo con i tempi dell’impresa, dei mercati, della crisi. Chiudo con una domanda tra tante che attendono risposte. Qual è la politica della ricerca e dell’innovazione, dei Parchi Scientifici e tecnologici del Veneto dove ci sono almeno 88 centri definiti tali? È mai possibile competere in Europa a queste condizioni ? Gianni Potti Presidente Confindustria Veneto Servizi innovativi e tecnologici