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Industria 4.0, a che punto sono Italia ed Europa: bene le tecnologie ma servono competenze

By 3 Dicembre 2021 No Comments

Facciamo il punto sullo stato dell’arte del mercato 4.0 in Italia e in Europa dove, al di là dei programmi come il Piano Transizione 4.0, c’è fermento sul tema: del resto, i dati dimostrano un’acquisizione importante di tecnologie da parte delle aziende, complice la pandemia, ma ora servono competenze.

Nel dato positivo della ripresa economica in corso nel 2021 si evidenzia come il mercato 4.0 sia vivace, con un aumento importante di adozione delle tecnologie, in via diffusa, nell’anno della pandemia. Ma l’industria italiana non ha ancora cambiato marcia, forse anche perché non sono ancora state definite le cosiddette politiche pubbliche che sostengano la crescita, soprattutto per ricerca e competenze.

Ne abbiamo parlato già altre volte come nell’anno del Covid-19 vi sia stato un aumento significativo dell’impiego di tecnologie avanzate per l’industria e i servizi, mentre la crescita dell’industria 4.0 ha fatto registrare un +8% nel 2020 rispetto al 2019. E questo è avvenuto spontaneamente senza il sostegno che la politica avrebbe potuto indicare. A partire dalla ricerca in filiera su cui si concentra la Missione 4 del PNRR per arrivare al nodo delle competenze che servono alle imprese. Ma siamo indietro, serve accelerare, l’elemento tempo per noi diventa essenziale.

I numeri della crescita della produzione industriale

Come è noto la produzione industriale italiana è cresciuta nel terzo trimestre del 2021, secondo quanto rilevato dalle imprese intervistate dal Centro Studi di Confindustria, dello 0,5% trimestrale, ovvero un ritmo fisiologicamente più contenuto di quanto osservato nei primi due (quando era aumentata rispettivamente di +1,2% e +1,5% trimestrale).

In effetti sono molto migliorate le attese sull’andamento dell’economia nei prossimi tre mesi, la domanda si è confermata forte come testimoniato non solo dal dato elevato in prospettiva storica dei giudizi sugli ordini, ma anche dal quinto mese consecutivo di giudizio negativo sulle scorte. L’incertezza sulle possibili ricadute economiche di eventuali irrigidimenti delle restrizioni amministrative dovute alla pandemia si è molto attenuata grazie alle percentuali di copertura raggiunte dalle vaccinazioni. Le prospettive rimangono quindi positive.

La spinta della pandemia verso il 4.0

Ormai sappiamo come la pandemia abbia avuto un effetto “acceleratore” per molti settori della nostra economia. Il mercato 4.0 oggi ha un valore complessivo stimato di 4,1 miliardi, in aumento di 200 milioni di euro rispetto al 2019. Alcune tecnologie – diventate ancora più importanti durante i vari lockdown e la conseguente riorganizzazione del lavoro da remoto – come il cloud sono state utilizzate dalla maggior parte delle aziende italiane (60% secondo l’Istat) nel 2020 con una crescita del 36% rispetto al 2018. Anche l’installazione di robot e il ricorso all’intelligenza artificiale mostrano trend in grande aumento insieme alle soluzioni di Industrial IoT (+31%). Come evidenziato dal Politecnico di Milano, i progetti implementati sono stati concentrati soprattutto sulla connettività e l’acquisizione di dati, e l’Internet of Things che ha raggiunto il valore complessivo di 2,4 miliardi di euro.

I fronti critici delle politiche sul 4.0

Bene per l’utilizzo della tecnologia, ma ciò basta? Viste le incertezze che la pandemia ha accentuato, insieme alle potenziali problematiche legate alle dinamiche inflattive e delle materie prime, come si evolveranno? Queste problematiche devono ancora manifestarsi in maniera dirompente e potrebbero impattare significativamente nei prossimi mesi del comparto manifatturiero. Ma quale è la risposta della politica al dinamismo delle imprese italiane, oltre alle misure già presenti?

La ricerca torna al centro

Oltre al Piano Transizione 4.0, di cui si è diffusamente parlato durante la presentazione del Piano Next Generation e anche nel 2019, la cabina di regia del PNRR ha puntato nel voler indirizzare i primi sforzi anche sul tema della ricerca. In particolare, come riportato nell’ultima versione del documento, la missione 4 componente 2 “Dalla ricerca all’impresa” per la quale sono previste risorse pari a 11,4 miliardi, nove dei quali sono in dotazione del Ministero dell’Università e della Ricerca.

Il nodo delle competenze

La parte ancora mancante e, forse, la più attesa è quella delle competenze. La carenza delle skill 4.0 o digitali sarà ancora più pressante negli anni a venire. Capiamo bene che il capitale umano va costruito e programmato e non bastano certo sei mesi… Non è sufficiente – a mio avviso – la creazione di grandi partenariati senza che vi sia un cambiamento fondamentale nell’intero sistema formativo. Gli Ecosistemi di innovazione, previsti dal MUR, potrebbero sicuramente giocare un ruolo maggiore da questo punto di vista, ma nelle linee guida non si fa cenno all’incubazione delle competenze. Eppure la presenza delle università e dei centri di ricerca nello schema disegnato dalla cabina di regia governativa dovrebbe essere funzionale anche a questo scopo. Possiamo aspettarci maggiore attenzione a questo nodo nei futuri piani strategici del PNRR?

Il ruolo degli European Digital Innovation Hub

Ormai è in vista la costituzione degli EDIH. I Digital Innovation Hub Europei, pochi in ogni nazione che diventeranno veramente gli snodi territoriali sui temi dell’innovazione e del 4.0. Secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, la call dovrebbe chiudersi a febbraio 2022.

Digital Europe, gli obiettivi

Il riferimento è al nuovo programma Europa digitale che punta a rafforzare le capacità digitali fondamentali dell’UE concentrandosi sui settori chiave di intelligenza artificiale (AI), sicurezza informatica, calcolo avanzato, infrastrutture dati, dati governance ed elaborazione, la diffusione di queste tecnologie e il loro miglior utilizzo per settori come l’energia, il cambiamento climatico e l’ambiente, la produzione, l’agricoltura e la salute.

Il programma Europa digitale è strategico nel sostenere la trasformazione digitale 4.0 dell’industria nella UE. Il finanziamento sarà disponibile per gli Stati membri dell’UE e per altri paesi associati al programma. La doppia transizione verso un’Europa verde e digitale rimane il sfida decisiva di questa legislatura. Ciò si riflette in tutte le proposte della Commissione. Il programma Europa digitale realizzerà gli obiettivi fissati nella strategia europea per la gestione di una strategia dei dati, con la visione di un vero mercato unico dei dati. Contribuirà a portare soluzioni europee di IA incentrate sull’uomo, come indicato nel Libro bianco sull’IA, nonché a promuovere la diffusione di altri strumenti digitali fondamentali tecnologie nel rispetto dei valori dell’Unione, e da una prospettiva umano-centrica.

Per adempiere alla sua missione, il Programma Europa Digitale dispiegherà una rete di European Digital Innovation Hub, per organizzazioni pubbliche e private in tutta Europa, tra cui governo a livello nazionale, regionale o locale, a seconda dei casi, l’accesso ai test tecnologici e il supporto nella loro trasformazione digitale. I poli europei di innovazione digitale sono uno strumento importante nelle politiche dell’UE, in particolare nel settore industriale e PMI, per supportare le imprese e il settore pubblico nella doppia transizione (verde e digitale). Gli EDIH sono vicini alle aziende locali, parlano la loro lingua e forniscono un servizio senza interruzioni insieme a Enterprise Europe Network e Startup Europe. La UE in buona sostanza vuole creare una rete di “Poli europei di innovazione digitale” (EDIH), che copra tutte le regioni dell’Unione europea e dei paesi associati, comprese le regioni ultraperiferiche dell’UE riconosciute dall’articolo 349 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Il bilancio indicativo e l’attuazione

Il programma Europa digitale è attuato mediante programmi di lavoro pluriennali. Ci saranno quattro programmi di lavoro indipendenti nei primi due anni di attuazione. Questo programma di lavoro copre le attività di attuazione della rete degli European Digital Innovation Hub (sotto diretta gestione da parte della Commissione Europea). Gli altri tre programmi di lavoro sono dedicati alle seguenti aree di intervento: 1) High Performance Computing (implementato in modalità indiretta gestione da parte di Euro HPC JU); 2) Dati, intelligenza artificiale, cloud, infrastruttura di comunicazione quantistica, Competenze digitali avanzate e attività di implementazione per il miglior utilizzo di queste tecnologie; 3) Cybersecurity- (implementato sotto gestione indiretta da parte del Cybersecurity Industrial, Centro di competenza per la tecnologia e la ricerca e la rete dei centri di coordinamento nazionali).

Saranno garantite sinergie e complementarità delle attività nei vari programmi di lavoro. Il budget per tutte le azioni coperte da questo programma di lavoro è di 329,3 milioni di euro. Le azioni di questo programma di lavoro sono attuate in gestione diretta dalla Commissione dell’Unione europea. Saranno finanziati con rate annuali. Gli investimenti verranno dal pubblico ma anche dalle imprese private aderenti agli EDIH.

Conclusione

Il PNNR è un grande libro dei sogni ma va riportato a terra. Innanzitutto quali sono le gerarchie di spesa e di controllo tra Governo, Regioni, Enti Locali? Poi bene sulle tecnologie, ma – stanchi di ribadirlo – lenti, lentissimi sulle competenze (quelle vere, quelle necessarie, quelle digitali). Infine bella occasione per mettere assieme la grande ricerca con le industrie con gli EDIH, ma l’Italia come ci arriva? Credo sia tutto da capire sul tavolo della concretezza e del lavoro in corso. Lo seguiremo passo passo nei prossimi mesi.

Gianni Potti, past president CNCT – Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici

*scritto e pubblicato per agendadigitale.eu

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