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Lavoro: Industria 4.0, queste le figure professionali che mancano in Italia

By 7 Maggio 2018 No Comments

Meccanica, l’agroalimentare, la chimica, la moda e l’ICT. In questi ambiti mancano 280 mila figure professionali tecniche per fare Industria 4.0, secondo Confindustria. Le aziende le cercano ma non riescono ad assumerle. Vediamo quali sono le competenze richieste dal mercato

L’unione europea da tempo sostiene che servono da qui al 2020 (domattina…!) almeno 800 mila figure IT per le imprese europee.

E’ di qualche giorno fa l’uscita di Confindustria che afferma, attraverso uno dei Vice Presidenti, con delega al capitale umano, Giovanni Brugnoli, che all’impresa manifatturiera italiana mancano in Italia, da qui ai prossimi cinque anni, ben 280 mila figure, definite supertecnici, ovvero tradotto, tecnici, non generici, ma super specializzati. Aggiungo io, specie nel settore dell’ingegneria, da quella gestionale a quella dell’informazione, a quella meccanica. Sono queste le competenze industry 4.0 che mancano all’Italia.

I settori dove mancano 280 mila super tecnici

La cifra dei 280 mila supertecnici mancanti, indicata da Confindustria, si basa su soli cinque settori, i più indicativi, altrimenti probabilmente il dato sarebbe stato ancora più grande…!  I cinque settori presi in esame dall’indagine, sono quelli cardine per l’Italia, vale a dire la meccanica, l’agroalimentare, la chimica, la moda e l’ICT. E’ stato chiesto alle aziende di quali e quante figure professionali avessero bisogno in un arco di cinque anni, tenendo conto di una crescita economica simile a quella dell’ultimo anno. La cifra che ne scaturita è di 280 mila tecnici che la nostra manifattura non riuscirà a trovare sul mercato, tenendo conto del saldo tra pensionamenti e diplomati dagli istituti tecnici. Un autentico cortocircuito, perché negli ultimi mesi le aziende hanno investito molto per rinnovare i loro impianti e adeguarsi alla rivoluzione digitale con Industria 4.0 ma ora rischiano di non trovare le persone necessarie a farli funzionare.

Quali i nuovi skill richiesti?

Queste nuove figure, così “gettonate” sul mercato, sono giovani con in tasca almeno il diploma di un istituto tecnico, fino a giovani neolaureati. E se la fabbrica 4.0 deve essere per sua definizione flessibile, allora l’uomo-supertecnico dell’Industria 4.0 deve essere altrettanto flessibile e responsive, ovvero pronto ad interpretare le nuove e continue esigenze della moderna produzione.  Poi per definire gli skill sicuramente il supertecnico deve avere un atteggiamento mentale e disponibilità al cambiamento. Nella fabbrica tradizionale le mansioni di un dipendente mutavano (si e no…) ogni venti anni, oggi questo arco di tempo si riduce a 3-5 anni al massimo. Ciò deriva dal nuovo modo che hanno le imprese di stare sul mercato e soprattutto lo richiede la competizione globale. Poi ancora è richiesto intuito e curiosità, voglia di apprendere, in una parola il supertecnico deve essere propositivo, proattivo e naturalmente essere in possesso di cultura digitale perché ormai tutto passa da lì.

Nascono le professioni ibride

In un numero crescente di mansioni, oltre alle competenze tipiche che definiscono e danno identità alla specifica occupazione, è sempre più richiesto il possesso di competenze di altra natura (quasi) del tutto nuove per quell’occupazione. Nei lavori ibridi, pertanto, le competenze tecniche, gestionali, professionali o relazionali dei mestieri consolidati si combinano e integrano con le nuove competenze digitali, con le abilità di comunicazione e interazione nei social network, con le modalità di collaborazione in ambienti di lavoro meno gerarchici e strutturati, più tecnologici e dinamici. Sullo specifico – ripeto sempre – che la figura ideale del supertecnico che sappia governare l’Industria 4.0, questo dovrebbe avere competenze di ingegneria gestionale (per comprendere la re-ingenirizzazione dell’intero processo produttivo!), competenze economiche (per cogliere gli impatti finanziari e di mercato) e ovviamente competenze IT e digitali (perché sono l’ossatura dell’Industria 4.0).

E anche qui la professionalità digitale non sarà più solo quella della vecchia Information tecnology, ma i nuovi skill saranno costituiti, nella logica ibrida, da un mix articolato di competenze, per governare strategicamente i cambiamenti imposti dalle aree Big Data, cloud, mobile, social, IoT e security. Saranno soprattutto figure fatte da un impasto di skills tecnologiche, manageriali e soft skills quali leadership, intelligenza emotiva, pensiero creativo e capacità di gestione del cambiamento.

Il buco delle nostre Università

Non vi è dubbio che in questo scenario in generale (salvo rari casi) il mondo delle Università italiane è in ritardo rispetto a quanto necessiterebbero le imprese, ed oggettivamente esiste un buco di almeno due/tre anni da colmare. Mi spiego meglio: le figure che si iniziano a formare ora saranno sul mercato non prima di due, tre anni almeno. Nel frattempo si può supplire in due modi, o puntando sugli ITS, scuole tecniche o Master ad ok, o andando a reperire sul mercato europeo le figure mancanti, e così, ad esempio nel nordest, fanno in molti pescando su giovani programmatori o ingegneri ucraini piuttosto che albanesi.

Ma nel frattempo dobbiamo, a tutti i livelli, promuovere un percorso virtuoso che magari cominci con l’alternanza scuola-lavoro, con la conoscenza delle opportunità offerte. Si comincia così impegnandosi, faticando, ma aggiungendo al proprio curriculum cose fatte anziché semplici sogni.

Il paradosso a nordest, dove c’è lavoro, ma mancano i lavoratori

Voglio chiudere questi spunti con una segnalazione dal nordest d’Italia, dove ci sono molte offerte di lavoro dalle aziende, ma spesso inevase, dove nessuno risponde.

Qualche sera fa è andato in onda su Sky Tg24 un bel reportage di Alessandra Zompatori, nel quale le telecamere sono entrate nel distretto industriale di Padova, dove l’economia corre a velocità doppia rispetto al resto dell’Italia e la mancanza di operai specializzati nel settore della meccanica ferma gli stabilimenti. Cito le parole di Lino Beghin, imprenditore di Castelfranco Veneto, da trent’anni nel settore della meccanica di precisione: “Nelle campagne venete gli imprenditori vanno a “caccia” di lavoratori, di ragazzi appena usciti dalle scuole, con un minimo di specializzazione, ma sono troppo pochi rispetto alla richiesta di produzione. Sono dovuto andare fino in Romania per cercare operai specializzati”.

I profili più difficili da trovare, sottolineava Sky Tg24, sono i soliti noti: periti tecnico-informatici, ingegneri, artigiani e operai specializzati.

Un aiutino sulla formazione, alla ricerca degli skill

Segnalo infine che il Governo e Parlamento uscenti hanno stanziato recentemente, specificatamente sul capitolo importante della Formazione e delle competenze, nell’ambito del pacchetto Imprese 4.0 in Legge di Bilancio il credito di imposta in formazione del 40% – di cui però mancano ad oggi le linee guida. Credito che riguarda, si badi bene, non tanto i nuovi assunti, ma i dipendenti dell’impresa. A questo urge comunque la progettualità dei Fondi interprofessionali. Parta da queste cose il prossimo Governo, chiunque sarà.

di Gianni Potti, presidente CNCT – Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici

*scritto e pubblicato per agendadigitale.eu

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