Fabbrica 4.0

FONDAZIONE NORD EST UN MERCATO, CINQUE FENOMENI GLOBALI

By 15 Ottobre 2012 No Comments

15 ottobre 2012

Inquadriamo per un attimo, con qualche dato, cosa sta avvenendo in quella che definiamo la “rivoluzione digitale”. Cinque i principali fenomeni globali cui stiamo assistendo. Il primo. Partendo dalla telefonia, oggi più di cinque miliardi di persone hanno un contratto mobile, pari al 67% della popolazione mondiale. Più di due miliardi di persone sono connesse a internet, pari al 25% della popolazione del pianeta. L’ Africa, giusto per fare un esempio di come corre la rivoluzione digitale, sta saltando a piè pari l’infrastrutturazione della rete telefonica fissa, che non ha mai avuto, ed é passata direttamente al cellulare, al mobile, che già oggi é sviluppatissimo. Da questi numeri incredibili si coglie come esista oggi un mercato potenziale di persone che possono fare cose, ma servono i contenuti. Il secondo fenomeno cui stiamo assistendo. Oggi abbiamo piú di 800 milioni di persone associate ad un social. Ogni giorno ci sono 4 miliardi di ricerche su internet; vengono scaricati 1 billion di video da you tube: in poche parole l’altro grande fenomeno é che si sta passando dal testuale (che perde terreno) al visivo! Il terzo fenomeno in corso é quello relativo ai sensori, al cosiddetto internet delle cose: pensiamo che oggi i punti interconnettibili al mondo sono 6 miliardi, nel 2016 saranno 30 miliardi gli oggetti che dialogheranno tra loro nel mondo. E, in questo mondo interconnesso a rete, il valore sará mettere insieme i dati, non produrre il pezzettino… La Citta intelligente del futuro sará quindi saper mettere insieme dati e collegare tra loro persone e cose. Già oggi più del 50% delle connessioni internet sono oggetti che dialogano ! Il quarto fenomeno inoppugnabile é la potenza dei dati. Le connessioni, cui prima si faceva cenno, produrranno sempre piú una mole immensa di dati da elaborare, accurati, a costo irrisorio. Il traffico globale sulla rete cresce a ritmi vertiginosi. Si pensi che Il traffico complessivo mondiale dati nel 2010 era di 200 exabite, oggi é giá di 1000 exabite all anno, ed é destinato a crescere di quattro volte nei prossimi cinque anni. Per fare un esempio di cosa accade le info sul traffico in tempo reale ormai sono disponibili su google, come su altre piattaforme. Oggi abbiamo info utili ed intelligenti. Oggi vengono raccolti e processati dati per fare previsioni sul presente, non ancora sul futuro. Ma presto saremo già al predittivo… Il quinto trend é la potenza della connettività, sia broadband che wireless. Per esempi ci saranno oltre agli Apple sempre più android (sistema aperto) che parleranno via rete altelefono: oggi giá 400 mila persone parlano con la voce al telefono. Oggi la potenza della connettività consente in due secondi di andare dall’Italia agli Stati Uniti, utilizzando il servizio di cloud computing. L’ECONOMIA DIGITALE, UNA RIVOLUZIONE Tutto quello che abbiamo descritto e quanto sta avvenendo viene definito Economia digitale. La Boston Consulting group stima che l’impatto di internet sul pil é del 2%, ovvero lo stesso impatto della Fiat sull’Italia. Ció che impressiona é la rapidità del cambiamento. Sappiamo quando nasce Facebook, che oggi ha nel mondo 850 milioni di utenti? Ieri mattina, cioé nel 2004, otto anni fa e ha cambiato il mondo; nel 2007 nascono i primi touch screen Apple I Phone; nell’aprile 2010 nasce I pad. La rapidità del cambiamento. Questa non è storia, è come quando arrivò l’elettricità, o l’energia del vapore… è un altro mondo che è nato e su questo mondo dobbiamo competere con le nostre imprese! Siamo di fatto ad una seconda rivoluzione di Guttemberg. La prima é stata quella dal libro scritto dagli amanuensi alle molte copie e più lettori che ha consentito la stampa. Oggi abbiamo a disposizione strumenti che non hanno avuto eguali nel passato. MA DI QUALI SETTORI DELL’ECONOMIA VENETA STIAMO PARLANDO? Quando parliamo dei Servizi Innovativi e Tecnologici, ovvero, informatica, telecomunicazioni, comunicazione e marketing, engineering, ambiente, ricerca e sviluppo etc etc, parliamo di un grande settore dell’economia veneta con circa il 15% delle imprese totali, con 250 mila occupati. Parliamo del settore che tra il 2000 e il 2010 ha assunto più della meta dei nuovi occupati in Veneto, che produce poco meno del 10% del valore aggiunto totale del  Veneto, ma che non e’ considerato molto spesso come un settore così trainante dell’economia del nostro territorio. Infatti per codici Ateco, camere di commercio, associazioni di categoria, si finisce annacquati nel più ampio concetto di “servizi”, laddove finiscono categorie tra loro diversissime, dal panificio, alla software house, dall’agenzia immobiliare, ad una engineering farm. Eppure… Eppure e’ cosi. Divisi tra contratti anomali, del commercio, dei metalmeccanici, dei telefonici, questo é il cosiddetto settore degli invisibili e degli indistinti, che pagano la tarsu per un ufficio, come producessero rifiuti di un ristorante… Quello dei Servizi Innovativi é dunque un settore strategico, che nella nostra regione e’ rappresentato, dal punto di vista associativo, da 1800 imprese iscritte a Confindustria. Un settore che ha in larga misura affrontato l’ultimo triennio, caratterizzato dal generale rallentamento dell’economia, con effetti contenuti sul fronte del fatturato: il 44,9% ha registrato un fatturato in crescita e il 29,6% un fatturato stabile: aggregazioni per la crescita dimensionale,  innovazione e nuove tecnologie, disposti ad investire sul futuro, le parole d’ordine ! Piccolo non e’ più bello, se e’ vero come il tema delle aggregazioni appaia centrale per un panel di imprese che è composto nella maggior parte dei casi (70%) da imprese con meno di 10 addetti, dato decisamente in linea con quello del manifatturiero veneto le cui aziende hanno un numero di addetti inferiore a dieci nel 76% dei casi. La piccola dimensione viene dagli stessi intervistati considerata un limite importante per quanto riguarda le capacità competitive delle imprese. Viceversa la ridotta dimensione non viene considerato un limite all’innovazione, elemento confermato dal fatto che anche tra le piccolissime sia elevata la quota di chi ha realizzato innovazione. Questa elevata consapevolezza dei limiti di una dimensione ridotta trova conferma nella quota elevata di imprese (48,8%) che dichiara di partecipare ad una qualche forma di aggregazione, sia essa un consorzio, una joint venture, un network o un contratto di rete. A questo si aggiunge un ulteriore 15,2% che dichiara di stare valutando una qualche forma di aggregazione. IMPRESE DISPOSTE AD INVESTIRE SUL FUTURO. Coerentemente con il ruolo di precursori e divulgatori di innovazione le imprese dei servizi tecnologici e innovativi hanno, nel corso della crisi, mantenuto gli investimenti in corso o anche progettatone di nuovi (80,4%), solo il 4,6%, invece, li ha bloccati. L’innovazione ha un enorme potenziale in termini di crescita, posti di lavoro e miglioramento della qualità di vita. Ci stiamo battendo, non per avere finanziamenti, ma per ottenere dalla Regione Veneto e dall’Unione Europea misure volte a sostenere l’integrazione tra tecnologie innovative e processi produttivi tradizionali. Le politiche industriali devono contribuire a un cambio di mentalità nelle imprese, nel privato e nel pubblico, per innovare settori come il turismo, la sanità, i trasporti, l’istruzione. Negli ultimi anni in Veneto sta crescendo l’integrazione tra manifatturiero e terziario innovativo, in particolare nei comparti Ict e Tlc. Ma e’ ancora troppo poco… Recentemente abbiamo lanciato la sfida di Veneto Digitale con un duplice obiettivo: infrastrutturale, con la realizzazione di nuove reti di nuova generazione e la banda larga; culturale sui contenuti per sfruttare al meglio le opportunita’ che la rete offre. Sul primo aspetto, quello infrastrutturale, il Veneto paga un GAP oggettivo che deriva da lontano. Quasi il 50% del territorio regionale non é ancora raggiunto dalla banda larga, ovvero da una connettività di almeno 2 mega, il che é noto, oggi per le imprese é oggettivamente molto poco. Il piano Romani prevedeva sul Veneto, attraverso la società del Mise, Infratel, investimenti per complessivi 120 ml di € per rendere competitivo il Veneto quanto a connessione. É in corso la realizzazione, grazie alla Regione della prima tranche di 40 milioni di €. Oggettivamente, quando l’intervento sarà completato si arriverà con due-tre anni di ritardo rispetto alle previsioni iniziali. Inoltre va detto che il Veneto, a differenza della Lombardia, dovrà mettere in appalto tra gli operatori privati il cosiddetto ultimo miglio affinché si vedano i benefici per imprese e famiglie ! La Lombardia invece ha appaltato il tutto in una sorta di project che ha garantito trasparenza nell’assegnazione, ma al tempo stesso servizio completo chiavi in mano, garantendo così tempistiche molto più rapide. Collegato alla banda larga va posto il tema del wi-fi, libero possibilmente… Si pensi che fino al gennaio dello scorso anno in Italia, causa una anacronistica legge sul terrorismo, il WI fi era con password e documento obbligatorio. Oggi non è più così, eppure siamo indietro, tanto indietro, perché non è così diffuso come in Usa, in Armenia, piuttosto che in Danimarca o Egitto ! Specie i paesi emergenti danno la connessione gratuita WI fi per svilupparsi più in fretta perché comprendono che il futuro delle reti wireless metropolitane è il passaggio da reti di connessione a reti di servizi. È noi ancora paghiamo in albergo il WI fi in stanza, quando io stesso spesso scelgo l’hotel sulla base del collegamento o meno con la rete. È ovvio che il WI fi è figlio della infrastruttura della banda larga, e che va innestato nella rete delle device mobile, oggi in 3G, domani in LTE. Sulla seconda questione, quella culturale e dei contenuti, possiamo dire che la battaglia per svecchiare i nostri territori é appena iniziata e c’é decisamente molto da fare. Un primo passo, e ne vedremo gli esiti, é stata la richiesta di Confindustria di istituire il tavolo dell’agenda digitale, approvata già nel dicembre 2011 dal consiglio regionale della Lombardia… Finalmente il 18 settembre scorso si é riunito il tavolo veneto agenda digitale. Ancora non sappiamo che indirizzi prenderà, ma siamo fiduciosi, se non altro perché almeno adesso c’é un organismo che sta lavorando alla road map digitale veneta, da connettere strettamente con il decreto sulla crescita varato il 4 ottobre scorso dal Governo. Sugli aspetti culturali ConfindustriaSI Veneto continua la sua battaglia di “evangelizzazione” degli imprenditori veneti. Oggi esiste un mondo nuovo che si offre alle nostre imprese, ma non basta il sito internet o far smanettare il figlio o il bravo ragazzotto. Serve portare cultura d’impresa innovativa nelle nostre PMI del Nord Est. Subito, in fretta! Serve una nuova cultura d’impresa. Ognuno di noi deve ripensare la propria azienda. Occorre comprendere la discontinuità che sta avvenendo in tutto, in primis negli stili di vita di ciascuno di noi, tradurla in un nuovo modo di fare impresa. Nuovi assetti organizzativi, nuove strategie di vendita, nuovi vantaggi competitivi, se li sappiamo cogliere. COME AFFRONTARE IL FUTURO Le prossime parole d’ordine saranno quindi tra le altre e-commerce, digital wallet, video-comunicazione, e-learning, co-working, telelavoro. Ma noi, per la carenza culturale di sistema e per la debolezza della rete paghiamo dazio: partivamo da un quadro nel quale un terzo delle imprese venete non e’ connesso a internet e addirittura il 43% delle microimprese… Conseguenza é – ad esempio – che solo il 10% vende sul web, mentre l’e-commerce in Germania e Regno Unito e’ utilizzato dal 45% delle imprese per vendere i propri prodotti. Nondimeno dobbiamo porci il problema che “piccolo non è più bello”, e quindi parole come aggregazione, fusione, o comunque lavorare insieme per fare massa critica sono determinanti per le nostre imprese. Non ultimo va affrontato il tema Europa, ovvero utilizzo dei fondi comunitari per innovazione e ricerca. Tra il 2014 e 2020 la UE farà un grandissimo investimento sul futuro con circa 80 mld di €, sui temi della coesione, ricerca, Smart cities. Oltre a non saper vincere i bandi, con il Veneto che pensando di saper fare tutto da soli non utilizza nemmeno il 50% dei fondi resi disponibili, verrà sempre più richiesta a imprese e PA competenza nella progettazione. Un esempio. Il prossimo bando cluster per le Smart cities richiederà che sia integralmente presentato in lingua inglese oltre all’italiano, ma si sa già che il prossimo bando sarà possibile presentarlo solo in lingua inglese. NASCE LA SMART CITIES, LA CITTÁ INTELLIGENTE Sul filone agenda digitale (che é solo una road map con all’interno banda larga, digitalizzazione PA, e commerce e chi più ne ha più ne metta…) si innesta la grande opportunità della Smart cities. Premetto che la mia scuola di pensiero mi porta a considerare più utile, concreta e stimolante la sfida della Smart city, che la stucchevole discussione sulle provincie, valida sul piano istituzionale, ma molto meno per le imprese. Li nasce la rete dei servizi ad alto valore aggiunto, la vera metropoli forte dell’Assemblea centrale veneta ! Chiariamo subito in premessa che la Citta intelligente non è solo tecnologia. Il lampione con il wi fi non lo è. Smart cities è altra cosa. La Città intelligente é fatta di inclusione sociale, nuova urbanistica, bio architetture, sostenibilità ambientale ed energetica, ed anche di nuove tecnologie. In un mondo interamente connesso, la competizione sará sempre piú tra grandi aree urbane. Saremo necessariamente sempre più connessi tra grandi aree urbane, i nuovi hub della rete. E, senza raccontarci cose non vere, in Italia solo Milano ha queste caratteristiche, perché, ad oggi, gli altri, noi compresi, non si sono aggregati. Poi sfatiamo un altro luogo comune. La competizione non é, e non sará, come teorizza qualcuno, sui sensori o sulle macchine, ma sui dati e sulla capacitá di lettura e gestione del dato. Quindi la nuova vera sfida é infrastrutturare le aree urbane e creare connessioni. Questo é il vero tema del Veneto, specie del Veneto centrale, motore del nord est. In questo scenario che si va delineando il cloud computing, tradotto nella nostra vita di tutti i giorni, significa nomad worker. Non ci sará più un orario, non ci sará un luogo, non ci sará un contratto. A patto io possa avere sempre con me le mie informazioni, i miei dati… La vera nuova ricchezza. Serviranno sempre piú piattaforme che consentano di elaborare i dati ovunque, hosting e – altra cosa – assemblare dati. Ma per fare ció dovremo avere tanta, tanta connessione, stabile, che non ci abbandoni mai… Sappiamo tutti che nel 2016 la maggioranza dei lavoratori del mondo lavorerà in mobilitá. Siamo giá in un’era post pc. Nel 2015 ci saranno nel mondo un miliardo tra smartphone e tablet, le cosiddette device. E poi va considerato il grandissimo tema del Socialnetwork sul quale si aggregheranno sempre piú le comunitá del futuro. Oggi é sbagliato non parlarne abbastanza in termini di aggregazione sociale, il cosiddetto crowdsourcing, partecipazione, collaborazione di massa. Un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione affidano la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un progetto, o di un’idea, o di un’oggetto, a un insieme indefinito di persone non organizzate in comunità predefinite. Un pó il mondo liquido di Baumann, per intenderci. Manca poi, dalle nostre parti, competenza su quella che è chiamata “sentiment analisis”, una nuova professione. Pensiamo alla utilità per un Sindaco di monitorare continuamente Il sentire dei propri cittadini. Sarà questo l’ufficio stampa, l’ufficio studi, l’ufficio relazioni con il pubblico, del futuro. Capacità di elaborare dati che già esistono per indicare le politiche sociali, culturali etc. Mc Kinsey in un recente studio ci dice che saranno 4 milioni e mezzo le persone che faranno analisi del dato nel 2018. Mancano ad oggi solo negli Stati Uniti 1 milione e mezzo di questi analisti… Ma detto delle competenze che servono, va sottolineato che infrastrutture, cloud computing, tablet, smartphone sono elementi abilitanti, ma non sono la Citta intelligente, che é mettere insieme dati e collegare persone e cose. La smart community é la Citta che insegna, é la Citta educata, ovvero che impara, cresce. È la città che ad esempio riduce il digital divide tra generazioni. E il vero valore aggiunto, sará mettere insieme i dati, saper leggere l’intero, non produrre il pezzettino. I data saranno il cervello della cittá che si racconta, che ascolta i bisogni, guida lo sviluppo e cresce. Le città debbono essere competitive. Debbono essere attrattive, per attrarre investimenti e insediamento di nuove imprese in termini di mercato, clientela, mobilita. Per quarant’anni lo sviluppo urbano era stato visto in negativo. Poi e cambiato tutto e maggiori funzioni si sono trasferite verso le città, con i Kibs come elemento di sviluppo. UNA POSSIBILE LEVA, PER RIDARE SLANCIO AL VENETO Il nostro sistema produttivo sta uscendo dalla crisi profondamente trasformato. Tutto attorno è cambiato e noi non possiamo stare fermi. Quello che facevamo in due anni, oggi, va fatto in due settimane… Non v’è dubbio che il nostro manifatturiero avrà un futuro solo se saprà integrarsi con il capitale di conoscenza rappresentato dalle imprese di servizi innovativi e tecnologici. Usando una metafora: dobbiamo innestare nella trama del manifatturiero veneto le nuove fibre dei servizi innovativi, per ricavare un tessuto hi-tech e digitale, sempre con l’uomo al centro, unico e irripetibile. È questa – a mio avviso – la via giusta per fare emergere un nuovo tipo di azienda manifatturiera a nord est. Imprese, cioè, capaci di arricchire le funzioni produttive con nuove competenze “terziarie” come la ricerca, l’ICT e il digitale, la logistica, il design, i servizi post-vendita. È da aziende come queste che dipende il nostro futuro produttivo. Ma anche il recupero di produttività. É inutile inseguire i nuovi concorrenti sul prezzo: non c’è partita. Ma dove sono in ballo intelligenza, innovazione, valori immateriali del prodotto, possiamo giocare la nostra partita con ragionevole attesa di vincerla. É proprio da questa integrazione forte tra manifatturiero e servizi innovativi, che può nascere nuovo sviluppo, rendendo la nostra economia più competitiva, trasformando le imprese manifatturiere venete e favorendone la trasformazione. Pensiamo, giusto per fare un esempio concreto, all’e-commerce, e quale incredibile potenziale mercato ci offre oggi il commercio elettronico. Chi poteva raggiungere al massimo centinaia di migliaia di potenziali clienti, oggi puó raggiungere mercati fatti di miliardi di consumatori. Oggi l’e-commerce rappresenta il 2% del commercio totale in Italia, 10 punti meno della media Ue (Usa 15%, Gb 13%, Germania 12%, Francia 10%), quindi con enormi potenzialità di crescita e sviluppo. Un mondo nuovo che si offre alle nostre imprese, ma, chiariamolo subito, non basta il sito internet o far smanettare il figlio o il bravo ragazzotto per vincere simili sfide. Serve ripensare il modello d’impatto veneta e solo l’imprenditore (se ne è profondamente convinto e ci crede!) può farlo ! Serve quindi trasferire nuova cultura d’impresa innovativa nelle nostre PMI del Nord Est. Subito, in fretta! Serve, in una parola, una nuova cultura d’impresa dove spesso l’imprenditore in una logica di discontinuità dovrà rimettere in discussione molto, se non tutto… La pressione competitiva spingerà sempre più settori come la meccanica verso la ricerca del giusto mix tra prodotto e servizio. I servizi innovativi diventeranno inevitabilmente parte integrante del “sistema prodotto”, aggiungendo valore e dotandolo di una componente di “intelligenza” che permetterà una migliore performance al consumatore finale. Io sono profondamente convinto che anche in Italia e nel Veneto è appena iniziato il futuro dell’economia digitale e dell’economia della conoscenza. Noi imprenditori abbiamo il dovere di sforzarci di capire il cambiamento, ma l’altro grande gap è che oggi i tempi delle risposte della politica debbono seguire i tempi del mercato !